venerdì 31 luglio 2015

Traversata Gaeta - Ventotene

"Che facciamo domani papà?"
"Se vuoi andiamo a Ventotene a fare una cenetta".

Che poi, in barca, sarebbe come a dire, passeggiando per via Condotti, di andare a prendersi uno strudel a Passo Sella.

Nonostante il tempo non proprio dei migliori, salpiamo da Gaeta a metà mattina, direzione Ventotene.




Traversata veloce, cenetta al Porto Romano e verso le otto di sera mettiamo nuovamente la prua verso Gaeta.


Al che, più o meno a metà tragitto, l'Ammiraglio mi chiede di prendere il riferimento di una grossa porta-container in lontananza.
"170 gradi".
Dopo due minuti: "Allora?"
"Costante". E anche dopo dieci e dopo venti.
"Vedrai che cambia rotta, abbiamo la precedenza!".
Si, però, forse non siamo grandi nemmeno quanto la loro ancora..io penso...
"Riferimento?"
"Sta scadendo!"
"Visto, che ti avevo detto, ci lasciano passare".
E infatti, un minuto dopo: "Cazzo sono tornati in rotta!!"

Bum, sbem, viratone col genoa al collo per evitare la collisione.
Passare a una cinquantina di metri da un colosso galleggiante di 200 fa un certo effetto!
Indi, quattro secondi dopo, vedo l'Ammiraglio indiavolato fiondarsi in coperta, VHF in mano attaccato sul canale 16 e giù di insulti alla porta-container, al capitano e all'ufficiale di guardia.
Tutto questo per una buona decina di minuti.

Poi si è calmato. Il vento dico, quello si è calmato.
E le ultime tre miglia le abbiamo fatte a motore.


via Soldà - Baffelan

Era Novembre. Periodo ideale per fare vie. Giornate lunghe, calde e solari.
Infatti non c'era nessuno che voleva venire.
Alla fine, la sera prima, sento Nicola che sente Giovanni che sente che si può fare.
Propongono una via del Gino nazionale in Piccole, classicona facile e veloce così risparmiamo benzina e batterie della frontale.



Passo Campogrosso ovviamente deserto, iniziamo il facile avvicinamento sotto al Baffelan.
Ad un certo punto ci interroghiamo un attimo perché l'avvicinamento da facile fosse diventato difficile. Effettivamente accorgendoci immantinente che il primo tiro lo avevamo già fatto. Slegati.




Parte quindi Nicola per il secondo tiro, poi vado io dritto fino in cima. Armato di friend e dadi, non ne ho messo nemmeno uno. Ma non perché non volessi, ma perché non sapevo dove metterli. Fortuna che è ben chiodata.
Devo dire che, alle prime armi, mi impressionò molto il canale di uscita, lugubre e ghiacciato.
Però poi lo spettacolo dalla vetta fu impagabile.




Relazione Rampegoni

Ladro di Baghdad - Brentino

Ci siamo svegliati con una voglia matta di placca appoggiata. Che non è un tipo di gusto strano che puoi trovare alla gelateria dal Bepi a Padova.
Quindi o si va in tutte le salcazzo di placche che ci sono ad Arco, oppure si scammella un po' per l'avvicinamento e si va al Piano Inclinato (che detta così sembra che mi stia riferendo a quello delle Pale di San Lucano). Però forse per quest'ultimo si scammella un po' più di un po'...

Colazione, come d'uopo quando si va in zona, al bar fuori del casello di Affi. Devo dire un po' barocco, ma impeccabile nell'arredo.
Macchina lasciata poi direttamente vicino al bar di Brentino che, ascoltate e lette certe fonti, si sa mai che noi andiamo a ripetere Ladro di Baghdad e poi qualche ladro viene a ripetere noi..

Bene. Partiti (intonatelo come Bruno Pizzul). Nemmeno arrivato al primo spit Giubi mi piomba a terra. Buona la seconda.
Poi dopo il primo tiro proseguo io da primo fino in cima che effettivamente l'S2 potrebbe starci e un volo su quelle placche vuol dire finire sulla pasta al pomodoro al posto del parmigiano grattugiato.




I tiri si susseguono uno più bello dell'altro, poi arriva il traverso di 6c o +. A un metro dalla sosta, bello pulito, vedo l'appoggio per il piede destro. Sto alla frutta perché ho due unghiette in mano, ma mi dico "è fatta!". E come in un film grottesco, una splendida goccia d'acqua cadente dai tetti sovrastanti (gocce d'acqua che peraltro vanno a formare quelle splendide gocce sulle quali se rampega)...pluff...mi bagna l'appoggio. Blocca! Non che non ci fossero altri appoggi, però io volevo proprio quello. Mi sono sentito offeso.



Ultimo tiro 7a (ma si può uscire volendo anche più a destra su Desiderio Sofferto) senza storia. Ha vinto lui. Cinque metri di diedro leggermente aggettante, spietati, fuori luogo come un laziale in curva sud, come uno spit in Dolomiti. Ma belli.

Poi doppie lungo Desiderio. Nella seconda ho dovuto fare i miracoli per arrivare alla sosta perché le corde non arrivavano. Scende Giubi e improvvisamente le corde si erano allungate. Misteri della fede.

Relazione Sass Baloss

PS: seriamente, il tiro in traverso in libera a mio avviso è 6c e l'ultimo, sempre in libera, 7a. La relazione dei Baloss credo sia valutata con l'A0. Poi comunque io sono generoso.

Te lo do io il Verdon - Brentino

Un rapido scambio di mail, messaggi privati su PM ed eccoci qui, Roccia, Q, Vecchio ed io a Brentino.
E' sempre un piacere perdere lo sguardo su queste pareti di roccia incredibile che dominano la valle dell'Adige.
Testa china e su per il ripido sentiero che in mezzora porta alla base delle pareti dove partono le classicone. E noi siamo lì per la superclassicona Te lo do io il Verdon!

Partenza tranquilla, poi al secondo tiro alcune relazioni consigliano di portarsi un friend medio 'che per arrivare in sosta è un po' lungo. Figurati se vado a fare una via a spit con i friend!!
Tutto sommato l'avrei messo. Fidatevi sempre.




Al che ci apprestiamo al terzo tiro, splendido diedro-strapiombo-fessura-camino verso sinistra, 6c+.
Dalla sosta mi godo la scena di uno (non faccio nomi) dell'altra cordata che, provando la libera, pendola fuori in placca non riuscendo più a rientrare. Da sotto intanto arriva il Vecchio che con somma esperienza lo riporta sulla buona strada.


Quarto tiro spetta a me. Bel 7a in leggero obliquo verso sinistra. Purtroppo nel tentativo di moschettonare tutti gli spit presenti nel giro di 50 cm (solo dopo ho capito che erano così vicini per l'azzero..), mi parte un bel resting. Amen e così sia.
Poi gran bella uscita sempre dallo stesso tiro dove bisogna pedalare e fidarsi delle suole.



Ultimo tiro non banale dato tipo 6b e poi discesa a doppie praticamente tutte strapiombanti. Così per la prima volta nella mia breve vita arrampicatoria ho moschettonato anche in discesa. Quante ne sa il Vecchio!! O forse quanto poco ne so io..bah..


Relazione QUI

giovedì 30 luglio 2015

via Decima - Moiazza

Diciamo un anno fa, quando sentivo parlare della DecimainMoiazza (tutto attaccato) era come se mi parlassero del Pesce, sostanzialmente.
Poi leggi pure che se viene a piovere, hai più o meno 8 minuti per spostarti (dove?) prima che la via diventi un colatoio. Si, va bene, la via è un colatoio, ma insomma diventa un colatoio con l'acqua.
Cioè, è come dire che il Lago di Bracciano torna ad essere un vulcano. Una cosa del genere.
Però passato un anno e qualche vietta in più effettivamente "se po' fa'".
Anzi, l'avevamo scelta apposta come via facile e veloce (come cambiano le valutazioni...) perché la sera c'era Juve Barcellona.
Infatti in tre orette eravamo fuori. E per fortuna che avevamo attaccato per primi che sotto di noi ci saranno state 15 cordate.
Tutto sommato gran bella giornata, a parte i tre peri presi dal Barcellona...


E comunque sempre FORZA...


Relazione Sass Baloss

Timillero Thomas - Punta della Disperazione

Chissà perché ogni volta che vado a scalare in Pale non c'è mai nessuno...
Quando arriviamo al Treviso il Tullio ci fa: "Ecco gli unici due che non hanno paura della pioggia!".
Bon, gli chiediamo un attimo del meteo e lui ci dice di stare tranquilli, che sarà come ieri, quindi pioggia verso le 12.

Alle 10 ha iniziato a nevicare.

Effettivamente apprestandoci all'attacco non è che il tempo fosse dei migliori, però ammaliato dalla roccia delle Pale come si fa a tornare indietro?
Primo tiro bello tecnico e poco chiodato. Sono partito in prossimità di un canalino appena accennato segnato da due fessure parallele. Sarà stato il primo tiro, sarà stato il freddo, però il VI (e sostenuto) ci sta tutto. Anche l'uscita in sosta non scherza e tra l'altro non è tanto proteggibile. Giubi ha voluto confermare le mie impressioni cacciando un volo da secondo.
Secondo tiro in diedro (bagnato), V+.
Poi boh. Perché quando ho recuperato Giubi in sosta (mezzo assiderato) ci siamo accorti di una strana polvere bianca che continuava a caderci addosso. Appurato che non c'era nessuno sopra di noi che stava sniffando, abbiamo capito che era arrivato il momento di togliere le tende e buttar giù le doppie.
Prima ritirata, amen. Doveva capitare.

Tornati in rifugio c'era un meeting Cajano in corso e al primo "mezzo poldo" pronunciato siamo tornati giù alla macchina.



Relazione Sass Baloss

Spigolo Piaz - Torre Delago

Oh, sarà una via strafacile e stracorta, sarà una via da corsi CAI straconosciuta e straripetuta, però è bella.
Poi era uno dei "sogni" di un amico, quindi ci sono andato stravolentieri.
L'ultima volta che ero andato in zona Torri del Vajolet avrò avuto quindici anni e mi ricordo ancora la fila di gente su dal Gardeccia fino al Re Alberto. Mi ricordo alcuni "pazzi" che si calavano con le corde da queste pareti immense e li guardavo con ammirazione.
Più o meno 15 anni dopo mi ha fatto veramente piacere tornare in questi posti. E mi ha fatto ancora più piacere che non ci fosse quasi nessuno in giro.


Notte passata al Rifugio Vajolet. Molto scortesi i gestori, ma probabilmente a fine stagione ci può stare. Sveglia presto e su sullo spigolo. Bellissima l'esposizione del terzo tiro.
Contento di aver partecipato al sogno del Giubi, che preso dall'emozione quando ha toccato terra si è lasciato sfuggire il casco direzione Pera di Fassa.



Relazione Sass Baloss

Madonnina - Vigolana

Dal paese di Lavarone, volgendo lo sguardo verso nord ovest, emerge imponente il massiccio della Vigolana, con in primo piano il Becco di Filadonna. Seguitando con lo sguardo verso nord, a chiudere il profilo della montagna, si erge, elegante e isolato, un piccolo pinnacolo. La Madonnina.
Sin da quand’ero piccolo non passava giorno, in estate e in inverno, che non guardassi con ammirazione quel capolavoro della natura. E sognavo di salire lassù, dominare da lì gli altopiani a sud, Trento a nord e i laghi di Caldonazzo e Levico a est.


Passavano gli anni e l’arrampicata, le scalate erano ancora da venire e il sogno rimaneva sempre tale.
Spesso però salivo al bivacco posto sotto la Madonnina, anche per giorni, in completa adorazione di quel pezzo di roccia. Mi ripromettevo ogni volta che l’avrei salita, fosse stata anche l’ultima cosa che avessi fatto.
Poi, poco più di un anno fa, le prime arrampicate in falesia e qualche via in montagna. L’impratichirmi con le manovre, con l’utilizzo delle protezioni mi avevano dato la certezza che l’avrei potuta scalare, quando volevo. Ma ora era proprio questo il problema: la sicurezza di poter realizzare un sogno. Mi chiedevo che senso avesse a questo punto, perché materializzarlo e non lasciarlo tale.
Ho tanti sogni oggi, mi piacerebbe scalare la nord ovest del Civetta, salire sul Cervino, l’Aguille Verte, la Comici-Dimai… ma sono sogni diversi, sono nati da poco, sono nati in questi tempi in cui ho iniziato a scalare, forse sono più ambizioni che sogni alla fine.
La Madonnina no, è un sogno che ho serbato per più di venti anni, nato e cresciuto con me, ormai mi ci ero affezionato, per questo avevo paura di realizzarlo. Eppure dovevo decidermi, salirla ora o non salirla più e lasciarla stare come le montagne sacre dei popoli tibetani.
Ma il 18 agosto mi sono deciso, ho detto alla mia ragazza che l’indomani mi avrebbe accompagnato alla base della Madonnina.
Millecento metri di dislivello di avvicinamento per una via di trentaquattro metri di sviluppo è forse un paradosso alpinistico, ma è così.
Ed ecco che, senza pensare, alla base mi lego. Diedro fessurato, poi il primo zoccolo, sinistra sotto uno spuntone, poi spigolo che conduce al pulpito e poi in vetta.



Sono stato dodici minuti fermo sull’ultima difficoltà della salita, sull’ultimo appiglio perché avevo paura che in cima poi tutto svanisse.
E invece è stato ancora più bello.
Sopra, a cavalcioni sui quei trenta centimetri quadrati di roccia, mi sentivo addosso il mio sguardo da bambino che mi ammirava giù dal paese.
Oggi, a distanza di qualche giorno, non posso smettere di guardare col sorriso quel pezzo di roccia e pensare che ho scalato un sogno.


Qualche Info QUI

Guglia GEI - Piccole Dolomiti

Dopo diverse ripetizioni dello Spigolo Barbiero e della Carugati a Rocca Pendice, ormai ci sentivamo pronti per affrontare le vere montagne, quelle con la roccia non sempre buonissima, quelle dove devi mettere i dadi, rinvii un chiodo o passi una clessidra.
Però forse le Dolomiti erano un po' troppo. Meglio quelle Piccole.
Scartabelliamo un po' di relazioni e la classicona pare essere la Guglia GEI. Fatta.
Da bravi montanari passo a prendere il Cru verso mezzogiorno ad Abano, così possiamo attaccare presto, circa alle due del pomeriggio.
Arriviamo a Campogrosso scambiando inizialmente la Sisilla per la GEI. Fortunatamente ci ravvediamo e iniziamo il sentiero. Nel senso opposto incrociamo varie persone con le corde in spalla che ci squadrano indignati. Forse puzziamo, forse siamo vestiti male, non lo sappiamo.
Becchiamo subito l'evidente fessura di attacco e ci prepariamo nel silenzio più totale. Figata siamo soli! Chissà perché? Mah..


Canapone da 12 mm, eccentrici del 15-18, verso le due attacchiamo.
Per essere la prima via in assoluto devo dire che è andata piuttosto bene. Tiravamo fuori la relazione ogni sette secondi, però tutto sommato siamo anche stati decenti. E la cosa più importante per noi falesisti è non aver azzerato il passo dell'ultimo tiro, se no sai che figura..!!


Dopo un piccolo ristoro in cima, avvolti nelle nebbie, tiriamo fuori la relazione per capire dove ci si cala. Nel prezioso foglio v'era scritto, tipo, anelli di calata a Ovest. E 'mo qual'è l'Ovest?? Panico. Mi lego e facendomi fare sicura dal Cru mi faccio il periplo della cima per cercare sti anelli.
Trovati gli anelli, ritrovata la fede, con due o forse tre doppie siamo a terra e via di corsa a Campogrosso, al calar del sole, per brindare a questa prima via!

Relazione QUI

Maurizio Speciale - Trapezio del Lagazuoi

Prima di questa, in montagna, avevo fatto solo la guglia GEI.
Però dai, mi fido del Fondei, è forte, ha esperienza, saprà individuare una via adatta a un principiante..e allora parto baldanzoso.



"Guarda parti te che tanto il primo tiro è IV+, così prendi un po' di confidenza". Va bene, dico io.
45 metri da terra alla sosta senza mettere una protezione. Improteggibile.
Va beh, arrivo a questo spuntone e urlo al Fundoni cosa avrei dovuto fare (cioè sostanzialmente gli stavo chiedendo come si faceva una sosta...). Lui mi fa "passaci attorno un cordino e appenditi!!".
Cosa???!! Cazzo, ha bevuto questo!!
Intanto da sotto: "Dai dai, così si deve fare!".
Dopo aver perso altri cinque minuti buoni a cercare spit, ganci, alternative, passi del Vangelo, metto sto cordino e mi appendo tremando. Crampone incredibile al polpaccio e ops..mi tocca fare tutta la via da secondo...
Passa Davide in testa e inizia a volare su queste splendide placche nere sul V continuo. Anche io continuo. A cagarmi in braghe.


Poi essendo leggermente lento da sotto ci sorpassano altre due cordate. Groviglio incredibile di corde. Io perso nelle mie paure che salgo e tolgo sia le protezioni nostre che quelle degli altri, prendendomi urli da più fronti (piccola goduria quanto due anni dopo mi scaldavo su vie in falesia che codesti, avendoli riconosciuti, facevano al limite...)


Comunque pian piano inizio a carburare, a reffarmi, tanto che decidiamo di completarla tutta senza uscire prima come si potrebbe fare (e come molte relazioni riportano). Tiri sopra un po' discontinui ma su ottima roccia, fessurina di VI fetente e poi giù per il sentiero nuovamente alla macchina.
Il crampo se n'è andato dopo una settimana.


Relazione QUI

Piastrine Selvagge - Brentino

Non vi svegliate ogni tanto la mattina con la voglia di prendere bastonate? No?!
Io e Fede, quella mattina, ci siamo svegliati con questo strano anelito, con questa voglia recondita ed ancestrale di prenderle dal primo all'ultimo passo.
Così Piastrine Selvagge. 
Cosa vuoi che sia un 7a in Brentino..spalmi e vai, la roccia è fotonica, tiene tutto.

Primo tiro, 6a. Primo passo della via. Fede mette il primo spit e vola. Perfetto. Mancano solo altri 5 tiri di cui un 6b, un 7a+, un 7b e un 6b+.
Raglio anche io da secondo. Bah, sarà che siamo freddi.
Effettivamente secondo tiro già meglio (peraltro bellissimo) e torna il sorriso.



Arriva il diedro di 7a+. Ma più che il diedro che arriva, mi sento di dire che arriva da diedro, o se preferite da dietro, una pigna. Mi fermo qua. E il sorriso se ne va di nuovo.


Tiro dopo sarebbe il chiave. Parte in placca, poi traversa verso destra, dritto e poi deciso traverso verso sinistra. Gli ultimi cinque metri di traverso danno il grado, ossia 7b. Peccato che non avevo allungato nemmeno una protezione e la corda faceva un attrito pazzesco, peccato. Se no mi veniva in libera eh. Si si...


Penultimo tiro semplice 6b+. Riparte Fede, a metà placca si mette a fare prove di volo sulla corda. Indi ci scambiamo, effettivamente il passo era "morfo". Però che placca..


L'ultimo tiro decidiamo all'unanimità senza appello di farlo la prossima volta, quindi iniziamo a calarci con la singola. Tutto bene tranne l'ultima calata che ci troviamo in mezzo alla placca con le corde finite. Spittino non proprio rassicurante ma era l'unica cosa alla quale attaccarci. 
Sempre bello poi quando si tocca terra!


Balasso Brothers - Campanile di Val Fontana d'Oro

Eccomi col Rampe in Piccole. Indecisi tra una via sul Cengio e una via in queste lande desolate, optiamo per la seconda.
Col Pandino verso Passo Xomo, poi stradina sterrata dove dar sfoggio del 4x4.
Rumegada niente male per raggiungere l'attacco del Piano Inclinato dove parte la via.


Primi quattro tiri su placche fessurate belle e ben protette dai chiodi artigianali dei Balasso che probabilmente terrebbero anche un camion. Se si sfora di un metro a destra o sinistra, non si incontra roccia marcia...ma erba.


Soste tutte buone su chiodi e cordoni. Giusto qualche uscita prima delle soste si sviluppa su splendidi gradoni erbosi. Faccio a Carletto: "ehi Rampe come esco da sto passo? C'è solo erba!!" - "prendi il ciuffo e ruota bene, tiene tutto!". La sublime tecnica da piccolodolomitista..


Finito il Piano la via cambia completamente aspetto, svolgendosi per lo più in diedri su roccia sempre buona..ma da valutare..
Un passo di VI+ e uno di VII ben protetti danno un po' di pepe. Io mi godo dalla sosta il Rampe che staffa. Fenomeno.


Dopo un altro diedro, un traverso e un canalino finale arriviamo in cima al campanile dove Rampe mi recupera su campana. E' nuovo tipo di sosta, molto in voga sui campanili.


Immancabile foto di vetta giusto per sfoggiare il mio abbigliamento trendy e giù di doppie da dove siamo saliti perché dall'altra parte era pieno di neve.
Ovviamente sul Piano Inclinato, tirando le corde, ci portiamo giù via un pezzo di montagna.
Riravanata a scendere e finalmente l'agognata bionda che ci aspetta al bar.


Relazione QUI